Con la sentenza n. 1961 del 28 gennaio 2021, la Corte Suprema di Cassazione torna a trattare della questione del riconoscimento della natura prededucibile, in sede fallimentare, del credito vantato dai professionisti della crisi, questa volta però con riguardo alla figura dell’attestatore. Cassando il giudizio del Tribunale di Roma, che in accordo con l’orientamento del giudice delegato al fallimento non aveva riconosciuto la prededuzione richiesta dall’attestatore del piano concordatario presentato e dichiarato inammissibile ex art. 162 co. 2 L.Fall, la Corte riconosce la natura prededucibile del suddetto credito. Richiamando la precedente sentenza del 2019 secondo la quale il suddetto credito debba avere “carattere prededucibile qualora, una volta dichiarata inammissibile la domanda concordataria, sia stato pronunciato il fallimento del debitore” (Cass. 5471/2019) scongiura l’errata interpretazione nonché “violazione e falsa applicazione della L. fall., art. 111, in quanto tale norma non prevede che l'ammissione del credito in prededuzione consegua alla verifica, caso per caso, di una concreta utilità dell'attività professionale svolta per l'impresa che accede al concordato e il ceto creditorio”. Riproponendo l’ultimo comma dell’art. 111 L.Fall. secondo il quale “sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge” ecco che appare evidente come il riconoscimento della natura prededucibile delle spese sostenute per il compenso dell’attestatore sia “ex art. 161, comma 7, l. fall., conseguente al fatto che il credito derivi da atti legalmente compiuti dall'imprenditore in pendenza del termine concesso per la predisposizione del piano, della proposta e dei relativi documenti, in quanto è proprio la legge che impone all'imprenditore di corredare la sua domanda concordataria anche con l'attestazione prevista dall'art. 161, comma 3, l. fall.”. Questa ennesima pronuncia in tema di prededuzione del compenso professionale risulta tuttavia tutt’altro che rassicurante per gli operatori del settore non chiarendo se tale orientamento possa estendersi anche all’operato degli “altri” professionisti, come l’advisor legale e l’advisor finanziario. Negli anni, infatti, le numerose pronunce hanno fatto sì che le Corti si schierassero delineando tre differenti orientamenti: Nonostante il secondo orientamento fosse quello maggiormente adottato nelle Corti italiane[1], le pronunce discostanti degli ultimi anni[2] hanno di certo indotto la considerazione su quanto effettivamente l’operato del professionista della crisi possa essere considerato un’obbligazione di mezzi e non di risultato e quanto effettivamente il lavoro e l’impegno profuso dallo stesso nel risanamento d’impresa sia “tutelato” dall’attuale normativa. Seppur possa esservi spazio per discutere se l’apertura della procedura o meno possa essere un discrimine per il riconoscimento della natura prededucibile del compenso dei professionisti della crisi, advisor legale e finanziario, di certo questa considerazione non dovrebbe interessare la figura dell’attestatore, esperto super partes, per il quale il riconoscimento del compenso dovrebbe essere imprescindibile anche a tutela della sua indipendenza. Sul punto, I principi di Attestazione dei Piani di Risanamento, nella più recente formulazione del 16 dicembre 2020 precisano che “Il pagamento dell’Attestatore non può mai essere condizionato (neppure in parte) al successo del Piano (e quindi all’omologa) o al rilascio del favorevole giudizio di attestazione; diversamente sarebbe pregiudicata l’indipendenza del professionista. La prestazione dell’Attestatore è, comunque, sempre una prestazione di mezzi e non di risultato”. E a questa perentoria sentenza, i Principi aggiungono, in nota, “Il corrispettivo è comunque dovuto ancorché il Codice della Crisi subordini la prededuzione dei crediti professionali sorti in funzione della domanda all’omologa dell’accordo di ristrutturazione od alla apertura del concordato preventivo”. La portata di quest’ultima affermazione, nettamente in contrasto con il contenuto dell’art. 6 co. 1 lett. b) e c) del Codice della Crisi e dell’Insolvenza secondo il quale “Oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge, sono prededucibili: […] b) i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi siano omologati; c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 47; […]” potrà vedersi solo con l’effettiva entrata in vigore del Codice, ad oggi sempre più incerta. [1] Sul punto, si vd. Greggio M., La prededuzione dei compensi dei professionisti nel nuovo codice della crisi d’impresa: “eterni ritorni” e novità in Fallimenti e Società.it, Osservatorio di diritto societario e fallimentare del Triveneto. [2] Alcune recentissime, come la Cass. 639 del 15 gennaio 2021 e la Cass. n. 4710 del 22 febbraio 2021.