Distinzione tra “indennizzo” e rettifica della base imponibile In data 5 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Risposta n. 268/2023 relativa al trattamento della nota di variazione Iva in ipotesi di scioglimento dei contratti ex art. 169 bis L. Fall. (oggi trasposto nell’art. 97 CCII). A seguito dell’omologazione del concordato preventivo proposto dalla Società istante, titolare di una concessione di gestione del porto turistico, il cui piano concordatario prevedeva lo scioglimento dei contratti pendenti ex art. 169 bis L.Fall., la Società ha chiesto, mediante apposita istanza, l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti con scadenza nel 2056 e aventi per oggetto i diritti d’uso degli spazi acquei e delle opere a terra. In relazione a tali contratti, i corrispettivi incassati dall’istante erano stati fatturati e recepiti in contabilità secondo il principio della competenza mediante la rilevazione dei risconti passivi in qualità di “credito (anticipi) per prestazioni continuative fino al 2056, a oggi interamente non eseguite da parte dell’istante”. A fronte della suddetta istanza, il Tribunale ha autorizzato lo scioglimento dei sopracitati contratti. Per quanto concerne l’emissione delle note di credito come previsto dall’art. 26, comma 3 D.P.R. n. 633/1972, l’istante chiede chiarimenti all’Amministrazione Finanziaria in merito ai seguenti aspetti: In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate ricorda che il comma 2 dell’art. 169 bis L.Fall. prevede esplicitamente il riconoscimento di un indennizzo in misura equivalente al risarcimento del danno “determinato dallo scioglimento del vincolo in precedenza determinato per effetto dell’incontro dei consensi alla sua nascita” (Cass. n. 8008 del 11 marzo 2022) pertanto, si conferma che lo scioglimento dei contratti ex art. 169 bis L.Fall. non ha effetto retroattivo tra le parti, né restitutorio delle prestazioni eseguite e che dà diritto a un indennizzo, che dal punto di vista tributario non è soggetto a fatturazione ex art. 15 del D.P.R. n. 633/1972. Per quanto concerne le fatture che certificano i corrispettivi percepiti anteriormente allo scioglimento dei contratti, l’Agenzia dell’Entrate si basa sulla distinzione di due situazioni che legittimano l’emissione della nota di variazione: da una parte troviamo l’annullamento, la risoluzione, il recesso e simili per i quali gli Stati Membri sono tenuti a prevedere la riduzione della base imponibile e dall’altra, il caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo, per cui gli Stati Membri possono derogare a tale obbligo. In merito a quest’ultima casistica, l’orientamento giurisprudenziale comunitario prevede che la rettifica della base imponibile “costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA, secondo cui la base imponibile è data dal corrispettivo realmente ricevuto ed il cui corollario è che l’Amministrazione Fiscale non può riscuotere a titolo dell’IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo”. Pertanto, l’Amministrazione Finanziaria conclude il suo parere, vietando all’istante l’emissione delle note di credito in quanto può riscontrare, in primo luogo, che l’Erario non ha riscosso, a titolo di IVA, un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo poiché la base imponibile delle operazioni fatturate coincide con quanto effettivamente incassato dalla Società istante. In secondo luogo, lo scioglimento dei contratti non ha effetto retroattivo tra le parti dunque l’istante è tenuto a riconoscere uno specifico indennizzo, svincolato dal corrispettivo precedentemente già fatturato, che non corrisponde alla restituzione di parte dei canoni incassati e non dà luogo dunque ad una riduzione della base imponibile.