Nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, l'Agenzia delle Entrate rigettava la proposta di transazione fiscale presentata dal debitore esprimendo voto contrario in relazione alla parte degradata a chirografo del credito erariale, ai sensi degli articoli 177 e 178 della legge fallimentare. Contro il diniego dell’Amministrazione finanziaria, proponeva ricorso il debitore innanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Milano; resisteva l’Agenzia delle Entrate eccependo l'inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione. La Commissione tributaria provinciale di Milano, respingendo l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario, ha affermato che “la giurisprudenza della Corte di Cassazione, organo regolatore della giurisdizione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, ha da tempo riconosciuto l'assoggettamento alla giurisdizione tributaria di tutte le questioni sull'esistenza ("an") e sulla consistenza ("quantum") dell'obbligazione tributaria e quindi l'individuazione del soggetto tenuto al pagamento dell'imposta oltre che dei limiti dell'obbligo tributario (così Cassazione civile, Sezioni Unite, 4.4.2006, n. 7805 e la sentenza della CTP di Roma n. 26135/2017, prodotta dalla ricorrente quale suo doc. 14, con la giurisprudenza ivi richiamata)”. Inoltre, la Commissione tributaria provinciale ha precisato che anche il diniego alla proposta di transazione fiscale debba essere motivato ai sensi degli artt. 7 della L. n. 212 del 2000 e 3 della L. n. 241 del 1990. In particolare, quest’ultima disposizione ha portata generale e si riferisce a ogni provvedimento amministrativo, ad eccezion fatta degli atti normativi e di quelli a contenuto generale, e pertanto, anche agli atti tributari; la stessa norma stabilisce, altresì, al comma 3, che quando le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, l'atto richiamato deve essere indicato e "reso disponibile" (c.d. motivazione per relationem). Nel caso di specie, tali disposizioni non sono state rispettate, dunque, la Commissione tributaria accoglie il ricorso, annulla l’atto impugnato facendo “salvo il potere/dovere dell'amministrazione di determinarsi nuovamente e motivatamente sulla domanda di concordato della società istante”.