Dichiarazione di fallimento – Legittimazione ad impugnare - Reclamo

2 Settembre 2021


La Suprema Corte, nella sentenza n. 4786 del 24 febbraio 2020, ha affrontato il tema dell’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento chiarendo quale è il mezzo di impugnazione esperibile e quali sono i soggetti legittimati.

In particolare, pronunciandosi sul ricorso contro la sentenza del 30 giugno 2014, con cui la Corte di appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l'opposizione di terzo proposta, ex articolo 404, primo comma, c.p.c. contro la sentenza dichiarativa di fallimento di [omissis] pronunciata dal Tribunale di Napoli, la Cassazione ha ribadito quanto già affermato dalla Corte d’appello, sostenendo che “La Corte distrettuale ha escluso l’esperibilità dell'opposizione ex articolo 404, primo comma, c.p.c. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento perché assorbita dal rimedio di carattere generale previsto dall'articolo 18 della legge fallimentare, nel testo, qui applicabile, anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, disposizione secondo cui, contro la dichiarazione di fallimento, non solo il debitore, ma anche qualunque interessato, possono proporre opposizione nel termine previsto. La soluzione adottata dalla Corte territoriale è conforme a diritto”. 

“Come è noto, l'articolo 18, primo comma, della legge fallimentare, nel testo qui applicabile, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui fissava, «per il debitore», la decorrenza del termine di 15 giorni, per proporre opposizione, dalla data di affissione della sentenza di fallimento (Corte cost. n. 151 del 1980). La Corte costituzionale ha viceversa giudicato manifestamente infondata la stessa questione sollevata in riferimento ai soggetti diversi dal debitore (Corte cost. n. 273 del 1987). Da qui il consolidarsi dell'orientamento secondo cui quel termine decorre, per il debitore, dalla data di comunicazione dell'estratto della dichiarazione di fallimento, e, per gli altri interessati, dall'affissione (Cass., SU, n. 5104 del 1996; Cass. n. 6059 del 1997; Cass. n. 6166 del 2002; Cass. n. 5018 del 2009)”.

Riassumendo, la Suprema Corte ha ritenuto, quindi, che la sentenza dichiarativa di fallimento rimanga assoggettata al solo rimedio, di carattere generale, previsto dall'articolo 18 della legge fallimentare, esperibile anche dai terzi interessati e tale perciò da assorbire e precludere l'opposizione di cui al citato articolo 404 c.p.c. spiegata dal terzo il quale si affermi direttamente danneggiato dalla sentenza.

In merito ai soggetti legittimati a proporre reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento la Suprema Corte prosegue affermando che Quanto alla peculiare conformazione dell'impugnazione rivolta contro la sentenza dichiarativa di fallimento, la quale - ieri l'opposizione, poi l'appello, oggi il reclamo - spetta «a qualunque interessato», sebbene estraneo al procedimento che ha condotto a detta pronuncia, è agevole osservare che essa discende dalla natura stessa della dichiarazione di fallimento, la quale dispiegava (e dispiega tuttora) i suoi plurimi effetti non solo nei confronti dei partecipanti alla fase prefallimentare, ma anche di pluralità di soggetti che con l'imprenditore avessero intessuto una svariata rete di rapporti: soggetti cui, per tale ragione, il legislatore attribuisce la legittimazione ad aggredire la sentenza dichiarativa di fallimento con lo strumento di cui all'articolo 18 della legge fallimentare. Né v'è dubbio che il riconoscimento della legittimazione processuale «a qualunque interessato», nei ristretti termini e con le modalità previste dalla norma, mirasse a conseguire (così come la norma attualmente vigente, del resto) un risultato di stabilità giuridica della sentenza dichiarativa di fallimento, che non avrebbe potuto realizzare la propria funzione se fosse stata impugnabile anche a notevole distanza di tempo da un numero indeterminato di soggetti. In definitiva, deve concludersi che gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento si estendono verso una pluralità di terzi, titolari di posizioni giuridiche che sono soggette a modifica dalla pronuncia, i quali avrebbero potuto proporre l'opposizione ex articolo 18 della legge fallimentare: rimedio che, per essi, svolgeva una funzione sostanzialmente analoga a quella che, nel giudizio di cognizione ordinaria, spetta all'opposizione di terzo”.

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