La Prima Sezione Civile, Con l’Ordinanza n. 8919/21 ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla questione, ritenuta di particolare importanza, concernente l'ammissibilità dell'istanza di fallimento ex artt. 6 e 7 l. fall. nei confronti di impresa già ammessa al concordato preventivo poi omologato, a prescindere dell'intervenuta risoluzione del concordato. Infatti, la Suprema Corte pur ammettendo che “non esiste attualmente un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte circa l’ammissibilità della dichiarazione di fallimento di un’impresa ammessa ad un concordato omologato e non eseguito, senza la preventiva risoluzione di quest’ultimo, posto che la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata espressamente in favore del principio di ammissibilità del fallimento in tali casi, in due precedenti (ordinanze n. 17703/2017 e n. 29632/2017). […] ha dichiarato che “in dottrina si sono sollevate invece, molti voci autorevoli nel senso della non dichiarabilità del fallimento dell’impresa ammessa al concordato preventivo omologato ineseguito, senza la preventiva risoluzione del concordato stesso, ai sensi dell’art. 186 legge fall”. Infatti, a sostegno di tale soluzione, occorrerebbe considerare, in primo luogo, la mancanza di una norma che, nell’ambito del nostro ordinamento positivo, autorizzi i soggetti, legittimati ai sensi degli artt. 6 e 7 L. Fall., a chiedere la “conversione” in fallimento di un concordato preventivo inadempiuto ma non risolto a differenza di quanto invece previsto dal legislatore nelle diverse ipotesi di cui agli articoli 162, secondo comma e 173, secondo comma l.fall.