Ammissione al passivo delle indennità di mancato preavviso nei casi di fallimento

21 Ottobre 2022


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 28043 del 29 settembre 2022 chiarisce che, nel caso in cui a seguito della dichiarazione di fallimento del datore di lavoro, il Curatore opti per lo scioglimento dei rapporti di lavoro senza rispettare l’obbligo di preavviso, i lavoratori possono insinuarsi nel passivo fallimentare anche per la relativa indennità.

Occorre premettere che con decreto del 7 marzo 2016, il tribunale di Vicenza ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento proposta dai lavoratori ai sensi dell’art. 98 comma 1 L.Fall., per i quali il credito di lavoro insinuato era stato defalcato dell’indennità sostitutiva del mancato preavviso. Il presupposto dell’esclusione riguardava l’inconfigurabilità della dichiarazione di fallimento della società datrice, né volontario né illecito alla base dello scioglimento del rapporto di lavoro e pertanto, circostanza non produttiva di alcun diritto risarcitorio a norma dell’art. 72 comma 1 L.Fall..

Nella sentenza in commento, i lavoratori hanno proposto ricorso in cassazione per tre motivi: i) mancato rispetto dell’obbligo termine di preavviso; ii) violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 c.c. e 72 comma 4 L.Fall., per erronea qualificazione dal Tribunale della natura dell’indennità di preavviso come risarcitoria anziché indennitaria e pertanto retributiva; iii) omesso riconoscimento dal Curatore Fallimentare dell’indennità di mancato preavviso in favore dei lavoratori in esito al verbale di incontro e di accorso sindacale, nelle lettere di licenziamento consegnate.

Secondo la Cassazione, la dichiarazione di fallimento non è una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro, ma comporta una fase di sospensione. Questa fase, si giustifica perché il Curatore, a tutela della soddisfazione delle ragioni dei creditori, abbia tempo per valutare la convenienza di una scelta, autorizzata dal Comitato dei Creditori ivi presente, fra il subentro del rapporto o lo scioglimento del rapporto medesimo.

Qualora il Curatore Fallimentare opti per lo scioglimento del rapporto, esso cessa per effetto, non della dichiarazione di fallimento, bensì per effetto dell’esercizio di una facoltà comunque sottoposta al rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi.

La disciplina in tema di licenziamenti collettivi L. n. 223/1991, ha una portata generale ed obbligatoria, anche nell’ambito di una procedura concorsuale nel quale risulti impossibile la continuazione dell’attività aziendale e si intenda procedere ai licenziamenti. Questa opzione comporta l’obbligo di rispetto del termine di preavviso.

Come già affermato da una recente sentenza della cassazione del 31 luglio 2019 n. 20647, se il rapporto si scioglie in assenza di un periodo di preavviso, egli matura, come stabilito dall’art. 2118 comma 2 c.c., il diritto alla relativa indennità sostitutiva che ha natura indennitaria (Sentenza Cass. N. 18508 del 21/09/2018 – N. 24106 del 03/10/2018).

La Corte di Cassazione ha dunque accolto il ricorso cassando il decreto impugnato e decidendo nel merito, ammettendo i lavoratori allo stato passivo ex art. 2751 bis n. 1 c.c. per l’indennità oltre rivalutazione ed interessi legali.

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