Incompatibilità del cross class cram down e del cram down fiscale nel concordato preventivo in continuità.

Tribunale di Roma, 10 luglio 2024 – Pres. Coluccio, Est. Miccio

La sentenza in esame trae origine dal deposito da parte di una società, attiva nel settore della costruzione e ristrutturazione di edifici, di una domanda c.d. “prenotativa” di un concordato preventivo in continuità diretta.

Il piano di concordato, di durata quinquennale, si fondava sulla destinazione ai creditori dei flussi derivanti dalla continuità.

La società ricorrente, infatti, aveva previsto l’acquisizione di nuove commesse relative a contratti di appalto che avrebbero consentito di ricavare nell’arco di piano € 1.169.146,00, oltre ad € 418.303,00 corrispondenti alla stima dell’incasso di crediti nonché alle ulteriori disponibilità liquide.

Non era prevista, dunque, la cessione a terzi dell’azienda o di suoi rami né l’apporto di finanza esterna.

A seguito della fase prenotativa, il concordato preventivo è stato aperto e, delle dieci classi costituite, solo due hanno votato favorevolmente.

Dunque, in mancanza dei presupposti previsti ex art. 109, comma 5, CCII in tema di maggioranze da raggiungere ai fini dell’omologazione nel concordato in continuità, la società aveva chiesto l’omologa “forzosa” ai sensi degli artt. 88, comma 2 bis, CCII e 112, comma 2, lett. d) CCII.

Nel ricorso per l’omologazione, infatti, la ricorrente sosteneva la compatibilità tra l’art. 112 CCII e l’art. 88, comma 2, bis, CCII anche nel caso di concordato preventivo in continuità in quanto: i) il cram down fiscale di cui all’art. 88 CCII è volto alla tutela dell’Erario e pertanto deve ritenersi applicabile tanto nel caso di concordato preventivo liquidatorio quanto nel caso di concordato in continuità, trattandosi in sostanza di un interesse trasversale che deve prescindere dalla fattispecie tipica di concordato; ii) l’art. 88, comma 1, CCII ai sensi del quale resta fermo “quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’art. 112, comma 2” deve essere inteso nel senso che sono fatte salve le disposizioni di cui a tale ultima norma; iii) ancora, l’art. 88, comma 2, CCII, richiede l’attestazione di un professionista indipendente anche con riguardo alla convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità, la sussistenza di un trattamento non deteriore; iv) da un lato, l’art. 88, comma 2 bis CCII richiama solo l’art. 109, comma 1, CCII in tema di maggioranze per il concordato liquidatorio, dall’altro, però, l’art. 109, comma 1, CCII a sua volta fa salvo e rinvia a quanto disposto dal proprio comma 5 per l’approvazione del concordato in continuità aziendale.

In altri termini, secondo la ricorrente, l’inciso “fermo restando” di cui all’art. 88, comma 1, CCII doveva essere interpretato nel senso che le regole dettate dall’art. 112 CCII si aggiungono alle regole di cui all’art. 88 CCII.

La ricorrente sosteneva, pertanto, che le condizioni di cui all’art. 112, comma 2, CCII risultavano realizzate in virtù dell’applicazione dell’art. 88, comma 2 bis, CCII in quanto dalla relazione di attestazione di cui agli artt. 87, comma 3, CCII e 88, comma 2 bis, CCII, risultava che la proposta di soddisfazione offerta all’amministrazione finanziaria fosse più conveniente e comunque non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria.

In sede di giudizio di omologazione, il Tribunale non ha accolto le istanze contenute nel ricorso della ricorrente, sostenendo l’incompatibilità tra l’art. 112, comma 2, CCII e l’art. 88, comma 2 bis, CCII e delimitando il perimetro di applicazione di tale ultima norma al solo caso di concordato preventivo liquidatorio. Ciò sulla base del fatto che: i) l’art. 88, comma 2 bis CCII richiama espressamente solo l’art. 109, comma 1, CCII e non anche il comma 5; ii) i criteri di approvazione delineanti per le due fattispecie di concordato – liquidatorio e in continuità – sono differenti per esplicita scelta del legislatore che avrebbe potuto, diversamente, espressamente richiamare anche il comma 5 dell’art. 109 CCII.

Da ciò ne discende che, secondo la sentenza in commento, l’istituto della transazione fiscale di cui all’art. 88 CCII è certamente applicabile a qualsiasi fattispecie di concordato, laddove invece l’ipotesi di cram down fiscale ex art. 88, comma 2 bis, CCII troverebbe applicazione solo in caso di concordato preventivo liquidatorio. Su questi presupposti, il Tribunale di Roma ha rigettato l’omologazione.

2024 - Morri Rossetti

cross