L’arresto in esame trae origine da una domanda di accesso ex art. 44 CCII ad un concordato preventivo in continuità diretta o in alternativa a un accordo di ristrutturazione. Secondo quanto evidenziato dalla società ricorrente nel ricorso introduttivo, le cause della crisi deriverebbero da un drastico calo delle vendite, con necessità di deliberare l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza allo scopo di agevolare il perseguimento dell’obiettivo di ristrutturazione. Il tribunale, affermando il rigetto della domanda di concessione del termine di cui all’art. 44 CCII, entra nel merito della fattispecie, dapprima con un excursus sulla funzione della domanda di accesso con riserva e sul suo contenuto minimo e, successivamente, contestando le ragioni addotte nel ricorso dalla società. Quanto al primo profilo – funzione della domanda di accesso con riserva ad uno strumento – il tribunale osserva che nel vigore della legge fallimentare le ragioni che avevano spinto il legislatore a introdurre l’istituto del concordato preventivo con riserva erano state ravvisate i) nella volontà di spingere i debitori a far emergere tempestivamente lo stato di crisi e ii) nell’agevolare lo stesso nella predisposizione di un piano strutturato in un arco di tempo consono alle difficoltà della situazione, beneficiando, nelle more, della automatica protezione del patrimonio accordata dall’art. 168 bis legge fallimentare. Sul piano contenutistico il tribunale osserva come, sebbene non si tratti di una domanda c.d. “piena” ex art. 40 CCII, la stessa debba in ogni caso essere corredata da un set documentale minimo funzionale all’organo giudicante per svolgere le proprie valutazioni. A titolo esemplificativo, è necessario che il tribunale verifichi le condizioni di accesso formali e sostanziali. Con riferimento alle prime, la verifica deve incentrarsi i) sulla competenza del tribunale ex art. 23, comma 3, CCII; ii) sulla regolarità formale della domanda, con contestuale accertamento dei poteri di delega del soggetto che ha sottoscritto la domanda; iii) sulla sussistenza, in capo al ricorrente, dei presupposti soggettivi e oggettivi per accedere alla procedura; iv) sull’avvenuto deposito della documentazione ex art. 39, comma 3, CCII. Con riguardo ai profili sostanziali, invece, il tribunale ritiene di dover procedere con l’analisi dei dati volta a verificare l’eventuale compimento di atti in frode, circostanze che possono pregiudicare una soluzione efficace della crisi, l’emersione di un intento meramente dilatorio, un utilizzo abusivo dello strumento. Tali profili trovano, secondo l’arresto in commento, maggior ragione di essere in quanto devono essere considerati alla luce dei principi di carattere processuale delineati nell’art. 7, comma 2, CCII. Quanto al secondo profilo – infondatezza delle ragioni addotte nel ricorso dalla società a sostegno della domanda – il tribunale osserva che la domanda non può essere accolta in quanto in primis vi è incongruenza tra quanto deliberato in data 27.02.2024 (ovvero l’accesso ad una domanda di ammissione al preventivo concordato) e quanto invece richiesto dal ricorrente nella domanda (accesso ad un accordo di ristrutturazione e/o concordato preventivo). Secondariamente, il tribunale contesta la veridicità delle cause della crisi sostenute dalla ricorrente affermando che “nasce, per così dire già in crisi, acquistando materie prime per 415 mila € circa, ed aggrava questa crisi nel secondo esercizio, continuando ad indebitarsi, (benché la merce fosse rimasta grandemente inveduta …..), in quanto si è provveduto sostanzialmente a vendere fortissimamente sotto costo”. Ciò, implica, invero, una violazione dei principi di rappresentazione chiara, veritiera e completa imposta dall’art. 4 CCII e dall’art. 44 CCII. Da ultimo, il tribunale osserva che l’assenza di patrimonializzazione (che ha comportato il venir meno di qualsiasi garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c.), ha avuto quale conseguenza quella di spostare il rischio d’impresa dall’imprenditore ai fornitori – veri e propri finanziatori - poiché le obbligazioni assunte verso di loro avrebbero potuto essere adempiute solo garantendo una elevata rotazione del magazzino. Su questi presupposti, il tribunale di Larino ha dichiarato inammissibile la domanda.