La Legge 10 agosto 2023 n. 103 ha convertito con modificazioni il DL 13 giugno 2023 n. 69 introducendo, all’articolo 1 bis, disposizioni transitorie in materia di crisi d’impresa in coerenza con i principi della direttiva UE 2019/1023. La previgente disciplina in materia di omologazione forzosa della transazione fiscale (c.d. “cram down”) nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti consentiva al Tribunale l’omologa degli stessi accordi anche in mancanza di adesione da parte dell’erario o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatoria quando l’adesione risultava determinante per il raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1 e 60, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, sulla base delle risultanze riportate nella relazione di un professionista indipendente, purché la proposta di soddisfacimento formulata dal debitore in favore dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali fosse più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. La nuova disciplina introdotta dalla Legge 103/2023 ha previsto ulteriori limiti all’omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti. In particolare, con le modifiche introdotte nuova disciplina, il Tribunale potrà omologare (forzatamente) gli accordi di ristrutturazione, anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, soltanto quando l’accordo non abbia natura liquidatoria e purché il soddisfacimento dei creditori tributari e previdenziali sia pari almeno: Permangono in ogni caso i limiti previsti dalla disciplina previgente, secondo cui la proposta di accordo deve essere conveniente per i creditori pubblici rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale e determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli cui agli articoli 57, comma 1 (60%) e 60, comma 1 (30%), del codice di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14. Di particolare interesse è altresì il momento di entrata in vigore della nuova disciplina, corrispondente alla data di entrata in vigore del DL 69/2023, con il conseguente effetto retroattivo che ne deriva. Infatti, il comma 6 dell’art. 1bis, le disposizioni introdotte dalla Legge 103/2023 si applicano alle proposte di transazione fiscale depositate in data successiva a quella di entrata in vigore del DL 69/2023, vale a dire alle proposte depositate dal 13 giugno 2023. La nuova disciplina suscita tuttavia qualche perplessità con riferimento alle modifiche apportate e, conseguentemente, alla portata operativa dell’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Sotto questo profilo, sembra infatti che la sua introduzione fosse preordinata a limitare l’utilizzo dello strumento dell’accordo di ristrutturazione e la possibilità di omologa forzosa in modo particolare nei casi di ingente sacrificio imposto agli interessi dell’Erario e degli Enti previdenziali. A tal proposito, diventa necessario richiamare le caratteristiche peculiari della precedente disciplina di cram down, improntata nell’ottica della convenienza della proposta di accordo rispetto all’alternativa liquidatoria. Questo perché la ratio della previsione del cram down, come si legge espressamente nella Relazione Illustrativa del D. Lgs n. 14/2019, è quella di “superare le ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi”, pur rientrando il dissenso - o il silenzio - nei profili di discrezionalità (nella specie amministrativa) che caratterizza gli istituti dell’accordo di ristrutturazione e del concordato in quanto basati su un consenso. Ciò vuol dire che, in base alla previgente disciplina, non poteva trovare applicazione la disciplina del cram down laddove la resistenza manifestata dall’Erario o dall’Ente previdenziale non possa considerarsi ingiustificata. In altri termini, un dissenso giustificato e adeguatamente motivato da parte dell’Ente pubblico, anche in termini di convenienza della proposta di accordo, non poteva comunque sfociare nell’omologa forzosa di un concordato o di un accordo di ristrutturazione. In questo senso, la disciplina del cram down ha consentito di realizzare un ragionevole equilibrio tra le esigenze di tutela dell’Amministrazione finanziaria e le esigenze di tutela degli altri interessi rilevanti nel contesto di una procedura di risanamento, con particolare riferimento ai principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione e di efficienza e buon andamento dell’attività della Pubblica Amministrazione, previsto dall’art. 97 della Costituzione. Con riferimento alla modifica apportata dalla Legge 103/2023, la valutazione di una proposta di transazione fiscale, nell’ambito di un accordo di ristrutturazione, e la conseguente possibilità di omologa forzosa non può esaurirsi nell’analisi della mera percentuale di soddisfacimento riconosciuta all’Erario e agli Enti previdenziali, prescindendo perciò: Questo perché, come si è detto, uno degli obiettivi imprescindibili della stessa procedura consiste nel realizzare un corretto e ragionevole contemperamento tra il primario interesse pubblico alla riscossione dei tributi e tutti gli altri interessi extrafiscali, obiettivo che pertanto non può disattendere un’analisi complessiva delle caratteristiche della fattispecie oltre che una valutazione delle alternative praticabili. Secondo questa prospettiva, l’introduzione degli ulteriori limiti alla disciplina del cram down – come quelli previsti dalla Legge 103/2023 – non rappresenta affatto una garanzia di corretto bilanciamento e contemperamento di tutti gli interessi in gioco. Anzi, sembra orientare l’istituto dell’accordo di ristrutturazione in senso contrario, rendendolo inutilizzabile nei casi in cui una percentuale di soddisfacimento inferiore al 30% o 40% del credito erariale e previdenziale rappresenti pur sempre la migliore soluzione per il debitore e per i creditori interessati. A ben guardare, la novella legislativa rischia di spingere in maniera preponderante la parte debitrice ad individuare nell’istituto del concordato lo strumento per il proprio risanamento, con l’inevitabile conseguenza rappresentata dall’aumento delle procedure da valutare nelle aule di giustizia e, in ragione dei maggiori oneri connessi alla stessa procedura concordataria, dal probabile soddisfacimento in misura inferiore per tutti i creditori.